WrestleMania 7 difficilmente viene ricordata come un'edizione memorabile dello Showcase Of The Immortals, ma da qualche anno si è resa protagonista per una leggenda che la circonda e che sembra in qualche modo definirla come un'edizione maledetta, oggi andremo a capirne il perchè.
Siamo sulla fine del 1990, la guerra fredda si può considerare praticamente conclusa, ma un nuovo nemico della libertà e della giustizia americana apparve.
Il 2 agosto 1990 infatti l'Iraq di Saddam Hussein invade il Kuwait, la situazione si fa sempre più incandescente a livello internazionale e il tutto sfocerà nell'operazione Desert Storm e nella Guerra del Golfo che dal 17 gennaio 1991 al 28 febbraio dello stesso anno porterà a un'operazione militare per liberare il Kuwait.
In questo contesto la WWF pensa di costruire uno dei suoi feud principali.
La ghiotta occasione è il ritorno dall'AWA di Sgt. Slaughter, l'eroe patriottico che in passato si era scontrato con Iron Sheik, in questo contesto si dichiara come alleato all'Iraq di Saddam, schierandosi proprio con Sheik e General Adnan come loro manager (che frequentò davvero il liceo con Saddam).
Ovviamente si sceglie di opporgli Hulk Hogan in veste di protettore del bene degli USA, il loro incontro sarà valido per il titolo massimo conquistato con l'inganno da Slaughter durante la Royal Rumble.
Dal punto di vista più organizzativo invece l'edizione avrebbe dovuto tenersi al Los Angeles Memorial Coliseum, un'arena di 100 mila posti. Il problema fu che, più l'evento si avvicinava e più il numero di posti venduti non cresceva, perciò si decise di spostare l'evento nella vicina Los Angeles Memorial Sports, ufficiosamente questo spostamento fu dovuto a motivi di sicurezza per delle minacce di morte recapitate a Sgt. Slaughter, in realtà la WWF stava passando un periodo burrascoso, legato ad una perdita consistente della popolarità e per quello si decise di affidarsi a una storyline così fortemente patriottica in modo da sfruttare questi avvenimenti politici per portare spettatori.
La mossa non rispettò le attese, il numero di spettatori annunciati (la WWE rilascia sempre un numero superiore a quelli effettivi) fu di 16.158, che è il numero più basso di pubblico per una WrestleMania (se si escludono due delle tre arene dove si svolse la seconda edizione, 9.000 a Chicago e 14.500 a Los Angeles).
Come se non bastassero queste "tragedie" da un punto di vista degli introiti e delle storylines, negli ultimi anni si è aggiunto un altro dato significativo, il 30% dei wrestler che prese parte all'edizione è venuto a mancare prematuramente, per questo si è iniziato a parlare de "La Maledizione di WrestleMania 7".
Questo l'elenco di chi ci ha lasciato e che aveva preso parte, in un modo o in un altro, a quella dimenticabile edizione:
"The Texas Tornado" Kerry Von Erich
Dino Bravo
Andrè The Giant
Joey Marella
"The British Bulldog" Davey Boy Smith
Mr. Perfect
Miss Elizabeth
Hawk
Hercules
Big Boss Man
Earthquake
Sensational Sherri
Crush
"Macho Man" Randy Savage
Paul Bearer
The Ultimate Warrior
Lord Alfred Hayes
George Steinbrenner
Se si escludono le morti avvenute per causa naturale (come Andrè ad esempio) o per causa violente (Bravo e Marella) appare evidente come ci siano delle morti premature, ma da qui a ritenere che ci sia una "maledizione" che colpisce i partecipanti all'edizione 7 ce ne passa.
Tanto che guardando le edizioni attorno alla settima si nota fin da subito che raggiungono un numero elevato di decessi sul numero di partecipanti, l'edizione 6 ha visto 12 decessi tra i wrestler, e la 5 che ne vede 10.
Il focus, ovviamente, non è di concentrarsi su una eventuale maledizione di questa edizione "sfigata" di WrestleMania, ma bisogna tenere in considerazione lo stile di vita a cui erano sottoposti gli atleti, le richieste che sono state poi espresse dalla federazione che, inevitabilmente, hanno portato ad un accorciamento della loro vita stessa.
Risulta quindi inutile parlare di come la droga e l'abuso di sostanze illecite fosse all'ordine del giorno in quel periodo nel backstage della compagnia.
Questa edizione quindi dovrebbe diventare un monito, un punto su cui ci si deve concentrare per preseravare al meglio la salute di questi atleti, perciò non facendo richieste fisiche eccessive e regolando (aiutandoli) in caso di dipendenza da sostanze.
Per fortuna negli ultimi anni sembra che la WWE abbia posto un focus centrale su questo, punendo l'abuso di sostanze illecite e aiutando chi necessita di un sostegno (recentemente i casi di Scott Hall o Jake Roberts).
La strada intrapresa dalla compagnia di Stamford sembra essere quella giusta, certo bisognerà attendere qualche anno per capire se questa porterà dei giovamenti, ma si spera che il buon esempio venga seguito anche da altre federazioni.
Anche se l'intervista a CM Punk fatta da Colt Cabana, pone sotto i riflettori ancora questi problemi (per maggiori dettagli: CM Punk rompe il silenzio)
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Alessio Garbini