lunedì 21 agosto 2023

La storia di un figlio: Becoming Cody Rhodes

Nella recensione di SummerSlam (leggetela qui) ho scritto come il documentario su Cody Rhodes fosse chiaramente un modo per dirci che l'intenzione originaria a WrestleMania fosse diversa da quella vista; questa sarebbe stata più funzionante e sicuramente avrebbe giovato tutti.
Ora è il momento di spiegare il perchè.

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Cerco sempre di mettere in piedi contenuti differenti per ognuno di questi quattro social; per questo è sicuramente importante riuscire a seguire tutto, per non perdersi nulla.  


Sono due i protagonisti di questo documentario: Cody Rhodes che vuole trovare se stesso; l'immensa figura di Dusty Rhodes e il suo impatto sulla vita del figlio.
Ma un elemento unisce entrambe queste cose, un elemento d'oro, il titolo WWE. Nel cercare il compimento di quanto il padre non è riuscito a fare, Cody riuscirà a trovare se stesso.
La perfetta storia di crescita e rinascita personale e professionale che anche Hollywood brama. Peccato che non sia accaduto nulla e il documentario perde totalmente il suo significato.

Questo dualismo viene narrato nel modo in cui viene descritto Dusty, una persona che vive per la WWE, che in WWE ha sfiorato il sogno solo in un'occasione.
Già questa premessa che setta il tono del documentario, dovrebbe far capire molto dell'andazzo che si svilupperà; una figura come quella di Rhodes, che ha creato così tanto, che è stato il nome di punta in moltissimi territori, in che modo sognava il titolo WWE?
Ovviamente è una gimmick per vendere la grande storia di Cody, quindi dobbiamo fingere di vivere nel mondo in cui Dusty sia stato un nome solo per la storia di Stamford e basta.

Questa ossessione di Cody di sfuggire dall'ombra paterna lo ha perseguitato per tutta la sua carriera. Si parte dal liceo, quando nel team di amateur wrestling lottava anche a livelli importanti nello stato della Georgia e veniva riconosciuto come il figlio di Dusty.
O l'inesorabile confronto al momento del debutto. Mi fa ridere come parli Charlotte Flair delle difficoltà di essere figlio di, dato che la sua unica gimmick è quella della figlia di.
Inesorabilmente la morte di Dusty porta alla conclusione di questo passaggio e viene letto con la necessità di Cody di diventare qualcun altro, di diventare se stesso e non dipendere più da questa ombra.

Il secondo elemento della storia è diventare Cody Rhodes, alla fine è anche il titolo del documentario.
Questo secondo percorso è in parallelo con la prima parte. Un esempio su tutti. Nei forum negli anni, soprattutto nel periodo in cui era nella Legacy, si tendeva a definire Cody come CAWdy per la sua forte carenza di carisma; alcuni illuminati portavano sempre il discorso che tenne alla cerimonia per la Hall Of Fame del 2006 come un grande promo e prova delle sue reali capacità.
Sono contento che la WWE dopo quasi 20 anni abbia confermato questo pensiero, cioè che quella fosse la dimostrazione di cosa sapesse effettivamente fare.

La continua ricerca di una gimmick viene vista proprio in quest'ottica. Prima il personaggio del Dashing, poi Stardust, tutti tasselli che sembrano servire soltanto per costruire il personaggio dell'American Nightmare, un percorso che deve passare attraverso il concetto di morte.
Nella narrazione classica l'eroe deve subire una morte, per poter affrontare il cattivo. Non a caso il tema del documentario è proprio questo: rinascere per "uccidere" Roman Reigns.
Per questo dico che il film rivela quello che la WWE ci voleva nascondere, cioè che o non sanno scrivere o l'idea di partenza per WrestleMania 39 era un'altra.

Trovo snervante il linguaggio WWE. In questa prospettiva il percorso nelle Indiz, All In e la stessa AEW sono un tassello nato soltanto con lo scopo di permettere a Cody di "tornare a casa". Abbiamo Rhodes che si spinge a pronunciare questo. Pensato davvero? Sta vivendo la gimmick? Non possiamo saperlo oggi, è ancora presto, però sicuramente è un messaggio importante e uno schiaffo verso i fan AEW che in lui vedevano un salvatore e una persona che aveva a cuore la scena e non soltanto sè.
Poi abbiamo la famosa frase "secondary promotion". Ci sta, è parte del gioco. Però presterei attenzione al linguaggio usato, cioè quel modo di trattare la questione del contratto aperto e l'uso del termine Forbidden Door come abbiamo visto fare per anni nei confronti della WCW o degli avversari, un modo per denigrare tutto e tutti, non curanti della realtà.

Il ritorno a WrestleMania 38 è costruito in maniera perfetta, mi è piaciuto come si sia giunti al terzo atto narrativo del documentario. Anche qui, la narrazione classica prevede sempre 3 atti (cosa che manca nella storyline della Bloodline).
Vediamo quindi come tutti i punti si ricolleghino, nel più classico esempio di elissi. Cody torna a casa come American Nightmare contro uno dei Dusty's Kids. Un termine che viene usato prima nel documentario per indicare chi è stato allenato a NXT dal padre, come Seth Rollins, verso cui il figlio provava gelosia.
Nella pellicola si decide di dare una svolta ulteriore con l'infortunio, un modo per piegare la realtà alla storia. Si decide quindi che quello è stato il momento in cui c'è stata la seconda rinascita. Il ritorno alla Royal Rumble puntando al titolo che il padre non ha mai vinto. Un titolo che Cody negli inserti che rappresentano il suo percorso, toglie dalla sabbia del tempo, quel titolo che come la più perfetta storia del mondo riesce a sollevare a WrestleMa,...

Il finale non esiste. Il finale è anticlimatico. La costruzione è tutta per il momento che non è mai accaduto, quel momento di aprile in cui si doveva sollevare il titolo WWE. Si aggiunge un "non è ancora finito il percorso", quasi una nota a piè pagina, giusto per cercare di far tornare i punti espressi prima.

Ci viene presentata una costruzione che non rispecchia alcuno schema narrativo. Proprio come la storyline di Cody Rhodes e della Bloodline.

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Alessio Garbini



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