La scorsa domenica è andato in scena il primo PPV del 2022 per la AEW. La federazione di Tony Khan costruito da due feud molto forti, quello tra MJF e CM Punk/quello tra Bryan Danielson e Jon Moxley, oltre a un grande annuncio legato all'acquisizione della ROH.
Questi elementi hanno permesso di mettere in scena un evento di 5 ore totali (contando anche il Buy In) nel migliore dei modi, oppure si è falliti miseramente?
Diciamo che sia un insieme di entrambe le cose. Ma andiamo con ordine.
Adam Page. Voglio parlare dell'AEW World Champion, il feud con Kenny Omega è stato uno dei migliori feud della storia della AEW (vi rimando al Jeffo Awards 2021 intanto); ha sì legittimizzato Page come campione, ma al contempo ci ha messo di fronte al fatto che non sia mai stato effettivamente materiale titolato. La narrazione che lo ha portato al titolo è stata fantastica, ma poi si è dovuto usare Bryan Danielson e poi Adam Cole (lasciamo stare la parentesi Lance Archer, per il bene di tutti) per cercare di insegnargli alcune cose.
Bisogna premettere che se la AEW si ispira e lavora con booking in stile NWA, l'importanza, anche all'epoca, era più sul valore del campione come inseguitore piuttosto che al titolo e al suo mantenimento (motivo per cui la maggior parte dei campioni NWA fossero heel), rientreremmo in questo schema ma oltre a questo, il fatto di vedere match dove si insegna a Page cosa fare o feud dove non riesce a risplendere come dovuto o come dovrebbe, va un po' a danneggiare il tutto.
Una struttura del match con Cole molto classica, fatta anche bene per carità, ma che fatica davvero a partire o che offre pochi spunti reali sul campione stesso rischiando di renderlo più una parentesi sull'albo d'oro che altro.
Se dovessi parlare invece di sorprese, sono rimasto ben piacevolmente sorpreso dal match tra Chris Jericho ed Eddie Kingston. Non ero certo che esistesse della chicmica tra i due, due stili e storie opposte, non pensavo davvero ne potesse uscire qualcosa di buono.
Il match invece è sensato in ogni suo punto e si riesce a mettere in evidenza come Jericho sia riuscito a mandare over e a rendere interessante Kingston valorizzandone gli aspetti chiave del suo stile.
Entrambi questi match, per motivi opposto, si prendono 3 Jeffini:
Ci sarebbe davvero parecchio da dire sul match tra CM Punk e MJF, in parte l'ho già fatto parlando del loro confronto precedente.
Una narrazione epocale e perfetta, alla fin fine la forza di Punk è proprio questa: quella di inserire ogni elemento nel suo match in modo che abbia un senso, andando anche a prendere degli elementi della storia tra i due o della storia di Punk stesso.
Questo unito a una capacità da heel di MJF senza pari. Il modo di costruire questo match con il famoso promo, viene ripreso qui, in maniera concettualmente legata al personaggio, non andando a fare l'heel in maniere da clichè (come fa Roman Reigns) ma agendo in maniera logica, da serpente. Pensate all'inizio, i tentativi di fuga sembrano dei semplici cheap heat, nonostante lo scopo fosse quello di dare lo shine a Punk, ma vengono subito tramutate e gettate sul personaggio di Friedman del serpente, in modo da rafforzarne lo status heel.
Il finale con Wardlow, lo rende anche un finale interessante, non è netto a vantaggio di Punk a discapito di MJF, ma è un finale complesso, un po' come il match nella puntata di Dynamite, questo permette davvero di creare un concetto più strutturato anche sulla personaggio stesso.
Parliamo di Wardlow, e anche del Triple Threat per i titoli tag. Con un paio di non-sense che avevo evidenziato anche nelle settimane precedenti, la prima legata al possibile scontro tra giganti, per fortuna di molto limitato. Sia Keith Lee che Powerhouse Hobbs necessitano tempo, uno perchè appena arrivato, uno perchè molto green. Wardlow per quanto sul ring sia basic quantomeno ha avuto una buona costruzione e si prospetta un turn con un buon esito (anche qui la NWA, il richiamo a Leg Luger con i Four Horsemen, come ai tempi di Batista con l'Evolution).
Spotfest il resto. Così come quella per i titoli tag, dove tutta la tensione e scontro tra i reDRagon e gli Young Bucks non emerge, non viene portato avanti praticamente nulla di nulla. Match anche simpatico, ma totalmente insensato. Quindi un classico match da PWG (mi aspetto per questo almeno 4 stelle da Meltzer, vediamo se ci azzecco).
Spotfest, o meglio un singolo spot, che è l'unica cosa interessante del Six-Man Tag con Sting. Giusto un modo per far riposare tra due match importanti, lasciando stare la diatriba Allin-Guevara, dando un po' di spotlight sul giovane Sting.
Per chiudere il cerchio dei match "di contorno". Sicuramente Erick Redbeard che prende il posto di Fenix ha dato un minimo di pepe a un match che altrimenti sarebbe stato poco o nulla. Ci sta che non tutti abbiano spazio in PPV di primo piano (come i due contendenti al titolo TNT).
Quello di cui Hook ha bisogno è di lavorare con gente esperta che possa aiutarlo sul ring. Posso capire qualche match random a Rampage, come quello con Fuego, ma per il resto c'è bisogno davvero di qualcosa di un minimo strutturato. Quindi per l'appunto avrebbe dovuto essere questa cosa con QT Marshall, ma che alla fin fine è un match brutto come un altro.
Veniamo agli ultimi due grossi punti, uno i match femminili, l'altro Danielson/Mox. Partiamo dalla cosa negativa, così lasciamo la recensione con un po' di positività conclusiva.
La situazione femminile in AEW continua a essere al limite del disastroso. Non più come qualche anno fa, sicruamente, ma non siamo certo a livelli mostruosi.
Minutaggi tutti sbagliati, da quello per il titolo fino al match al Buy-In, dove Leyla Hirsch fa fatica a sconfiggere Kris Statlander che, per quanto la sua storia d'amore con Orange Cassidy a BTE fosse bellissima, rimane sul ring nella media. Inoltre per essere "Legit" Leyla Hirsch non dovresti metterci così tanto per portarti a casa questa vittoria.
Britt Baker è tanto personaggio e microfono, sul ring è sempre stata abbastanza ok. Si ha sicuramente azzeccato il personaggio e viene da sè quello che ne è conseguito, la storia con Thunder Rosa in passato è sicuramente una bella narrazione e rimane un buon modo per vendere un match titolato in PPV. Però vuoi per il finale, vuoi per le fasi in sè, non è uscito niente di davvero interesante.
Ah sì dimenticavo, Jade Cargill che non riesce a fare una capriola sul roll-up dice tutto.
E ora veniamo a Mox/Bryan. Il match rispetta bene quelle che sono le premesse iniziali. Cioè uno scontro tra due amici/nemici in cui Bryan decide di mettersi totalmente in gioco con l'idea di diventare del tutto violento, un po' com'è Mox in AEW.
Questo è il vero filo conduttore del match e quando c'è in gioco Danielson difficile trovare qualcosa di diverso di un buon match con una sua logica e una sua costruzione sensata di quello che viene portato sul quadrato e così è stato.
Abbiamo un match solido, con un finale un po' così ma che è funzionale alla storia, sia a quella che abbiamo visto fino a quel momento che a quello che potrebbe essere il futuro.
William Regal che, come un padre severo, tira uno schiaffone sia a Mox che a Bryan riportartoli sulla retta via è la soluzione migliore dimolti aspetti un po' traballanti della narrazione, che possa anche essere l'idea per creare una cosa nuova come un team tra i due, andando a sfruttare proprio questo forte legame.
Finale che mi ha ricordato molto anche il match tra i Briscoe lo scorso anno in ROH.
Per tirare quindi le fila, com'è questo evento di 5 ore?
Direi sia un evento godibile dall'inizio alla fine, anche i momenti bassi (titolo TBS) o palesi tappabuchi (6-Man con Sting), riescono a svolgere bene il loro ruolo, andando a rinforzare la parte della card più costruita e con differenti aspetti da approfondire.
Possiamo magari discutere di alcuni elementi come appunto la gestione di Adam Page, oppure l'insensatezza di alcune cose come i due team dei reDRagon e Bucks che non si sa cosa vadano a fare. Ma ne complesso è stato un buon evento, con i suoi piacevoli incontri e momenti.
Vi ricordo che potete commentare qui direttamente sul blog utilizzando l'account Google, oppure su FaceBook o usando Instagram.
Alessio Garbini