Lo scorso anno Forbidden Door fu un evento storico, un evento che segnava una netta e chiara distinzione con il passato del dominio WWE. Cosa è rimasto di questo sogno proibito oggi?
Vi ricordo che potete commentare qui direttamente sul blog utilizzando l'account Google; ricordatevi di seguirmi su Facebook (qui), Instagram (quo) e Twitter (qua) anche per rimanere aggiornati sulle uscite e sui prossimi appuntamenti.
Cerco sempre di mettere in piedi contenuti differenti per ognuno di
questi quattro social; per questo è sicuramente importante riuscire a seguire tutto, per non perdersi nulla.
Il 2022 è stato l'anno in cui la AEW e la NJPW hanno aperto il portone proibito; questo portone è la metafora che più di tutte ha caratterizzato l'inizio dell'avventura della AEW. Il legame stesso con la NJPW è stato fondamentale e fondante per la federazione e arrivare a questo evento è stato un processo lungo e difficile. Ne ho parlato appieno qui, dove ho riassunto la lunga storia tra il 2019 e il 2022 che ha reso l'edizione dello scorso anno come qualcosa di unico. Un evento storico che sembrava basato sulla mera passarella, ma così non è stato. Potete approfondire leggendo l'articolo originale.
Perciò questo 2023 non poteva proeguire o essere pensato come un evento la cui storicità fosse sufficiente. Certo vedere Kazuchika Okada a Dynamite, oppure ipotizzare un Chris Jericho contro Tetsuya Naito sono motivi sufficienti di interesse eppure fin da subito è stato chiaro che non fosse così, che tutto fosse un perfetto tassello del mosaico narrativo che sia la NJPW che la AEW hanno messo in piedi in questo 2023 e per il futuro.
Prendiamo i Four Pillars. I due match per i titoli massimi vedono proprio coinvolti due dei pilastri. Se nel caso del titolo AEW questo era ovviamente inevitabile, così non lo era per il match sul titolo IWGP.
La storia di Jungle Boy a oggi è quella di un nome che vuole farsi conoscere, che vuole in un qualche modo imporsi e che punta a un titolo. Lo abbiamo detto più volte, lui in quest'anno vuole un titolo singolo e quindi tenta l'assalto a una delle cinture più importanti del panorama.
Da parte sua abbiamo invece SANADA che sta lavorando su un concetto differente: sta difendendo il titolo in scenari particolari. Così è stato con Hiromu Takahashi e Yota Tsuji. Lo stesso schema c'è stato con Jack Perry. E come si è dunque sviluppato il tutto?
Abbiamo un match pensato in maniera molto classica, con un Perry che gioca il ruolo dell'underdog (questa sarà la differenza sostanziale dal match di MJF), un underdog che può dare tutto sè stesso ma che è un gradino sotto e lo sa; lo sa anche SANADA che passa il tempo a giocare col topo, salvo piazzare al momento giusto la mossa di chiusura, dopo averlo umiliato ripetendone la stessa sequenza e tuto questo esploda nel modo più classico: con un turn. Un turn che stavamo aspettando, forse giunto troppo presto ma che mai come in questa occasione è risultato tempisticamente perfetto. Ora ci aspetta lo scontro generazionale con HOOK e il titolo FTW.
In un ruolo minore Sammy Guevara e Darby Allin, i due sono coinvolti in un match tappabuco, tra i due main event.
Il match si piazza nel modo migliore per proseguire le storie tra tutti i protagonisti, con il valore aggiunto da Minoru Suzuki e Tetsuya Naito che si intersecano bene nella vicenda. Come visto nell'ultimo: JeffoVisioni.
MJF mette anche lui in piedi un match classico. Una struttura molto semplice ma raccontata in maniera eccellente. Perchè il campione è un wrestler che lotta con un perfetto stile da heel old school e questo suo essere così old school è il suo punto di forza. Un match con Hiroshi Tanahashi costruito in questo modo, quindi come effettivamente una passerella, non poteva svilupparsi diversamente. Abbiamo dunque una serie di costruzioni e momenti dell'incontro che servono a giocare sull'essere heel del campione e sull'essere una leggenda di Tanahashi ma con un livello di lottato sicuramente più alto rispetto al match di Satoshi Kojima. Un match piccolo, ma non per questo meno convincente e decisivo.
Kojima e CM Punk si limitano molto. Non è un match brutto, come dicevo sopra è uno scontro più di rappresentanza, legato alla vicenda con KENTA. Quanto effettivamente il fatto che questo incontro sia saltato sia politica o storyline, dato il coinvolgimento attivo a Collision con il Bullet Club Gold, penso sia più storyline che altro.
Stesso piano per quanto riguarda lo scontro tra Willow Nightingale e Toni Storm. Mi chiedo dunque se tutto fosse andato secondo i piani, quindi con Mercedes Monè vincitrice del titolo Strong, avremmo avuto lei? E se così fosse stato sarebbe stato il match migliore possibile? E se le atlete STARDOM avessero potuto essere presenti?
Sembrava un match più da show TV che da grosso evento e quasi un check necessario.
Sul piano opposto invece super convincenti tutti e quattro i match dello Zero Hour. Con una Billie Starkz un po' troppo macchinosa e questo è un problema in molti match di Athena con le wrestler più inesperte. Sarebbe forse necessario rivalutare la sua capacità di costruzione dei match?
Nota a margine per Stu Grayson che con El Phantasmo mette in piedi un match molto divertente, inaspettatamente mi viene da dire.
Ci sono ancora due match di cui parlare prima di arrivare ai main event.
La sfida tra l'Elite e il BCC è stata costruita come una grande resa dei conti, ma non è ancora effettivamente uno scontro finale. Il match è divertente, una bella spotfest con tutto al posto giusto. Dalle sequenze, agli spot legati ai personaggi. Non mi sento di aggiungere molto altro.
L'altro incontro è invece quello per l'All-Atlantic. Il vedere questi quattro in una stipuazione che solitamente si presta a quelli che sono i match meno tecnici è di per sè un ossimoro molto affasciante. Data la bravura di tutti i nomi presenti esce anche un match molto solido e valido, quelli che erano gli spot da inserire sono stati inseriti, si è seguita una logica dietro a tutti gli infortuni di Orange Cassidy e si sono valorizzati gli aspetti importanti degli heel, quindi Zack Sabre Jr. e Daniel Garcia. Insomma una passerella ma molto importante per quello che è il futuro delle tre cinture e soprattutto all'interno dello show stesso.
I due main event sono due facce della stessa medaglia. Nel senso che uno si è costruito prettamente sul workrate, sul livello di sfida a chi sia il migliore sul quadrato, il secondo invece si è costruito sulla storia.
Il primo è stato lo scontro tra Okada e Bryan Danielson, un match che fin dall'uso di Final Countdown nasce con l'intento di sottolineare che si fa sul serio, che è un Bryan differente dal solito, più focalizzato al suo passato in ROH che a quello che è il presente.
E così è stato nei primi 10 minuti. Poi si è rotto il braccio.
Purtroppo questo ha per forza di cose trasformato il match in una riproposizione di quanto fatto da Cody Rhodes contro Seth Rollins a Hell In A Cell, cioè una prova di resistenza e di ricostruzione e ristrutturazione del match a causa di questo.
La scelta di continuare è stata anche corretta, per quelli che sono i valori che vengono insegnati, se si è in grado di continuare è necessario farlo. Pensiamo a Steve Austin quando si ruppe il collo contro Owen Hart che cerca comunque di rialzarsi.
Lo stesso Bryan aveva vissuto un momento simile a Raw, quando prese un duro colpo e fu costretto a stopparsi da HHH.
Il finale in cui Okada cede per la prima volta in 8 anni sarebbe stato molto ma molto più potente con la storia originaria, ma anche qui, con tanto di convulsioni per la fatica di Danielson, ottengono il loro reale effetto.
Kenny Omega e Will Ospreay per il loro match numero 2 cambiano totalmente registro.
La sfida in NJPW è nettamente il match dell'anno e uno dei migliori match della decade, per questo l'idea di fare oltre quanto visto diventa spesso utopistico, allora si decide di puntare su altro.
Si decide di puntare su una narrazione anche classica sotto molti aspetti che va a svolgere il contorno perfetto a quanto vedibile sul ring. Dunque Ospreay decide di attaccare i canadesi, viene costruito tutto sulle interazioni con il pubblico sia fuori, lo spot della bandiera, così come sul ring: la Sharpshoot e la Crossface sono simboli del Canada, la seconda proprio nell'anniversario della tragedia.
Oltre a questo il ruolo di Don Callis diventa fondamentale. Questo è quello che ascrive il match nella logica tipica della scrittura USA, quindi non si segue più un canovaccio del puroresu come visto il 4 gennaio, ma si decide di andare a costruire il match in modo che possa essere più vicino alle idee e modalità che il pubblico US conosce, quasi un rimando più veloce ai casual, una presa in giro a questo mantra che i detrattori AEW ripetono.
Il lottato non è da meno, a partire dalle sequenze tecniche iniziali, anche qui un rimando alla storia canadese, per arrivare ai momenti fuori ring, che si ricollegano agli spot coi tavoli di gennaio e lo spot di finisher, sia rubate, che alterate con aggiunte di paletti e cacciaviti per arrivare a quel Tiger Driver '91, una mossa pericolosa ma protetta ma che fa capire chiaramente il tono stesso di tutto il match.
Vi ricordo che potete commentare qui direttamente sul blog utilizzando l'account Google; ricordatevi di seguirmi su Facebook (qui), Instagram (quo) e Twitter (qua) anche per rimanere aggiornati sulle uscite e sui prossimi appuntamenti.
Cerco sempre di mettere in piedi contenuti differenti per ognuno di
questi quattro social; per questo è sicuramente importante riuscire a seguire tutto, per non perdersi nulla.
Alessio Garbini